Ovvero il piacere di andare in moto. Già, che frase consueta. Eppure la Spagna sembra fatta apposta per far divertire chi ama viaggiare in moto. Non per niente è la quarta volta che ci andiamo. Anzi, la quinta, contando quando ci andammo in macchina nel 1999; eravamo in tre.
L’ultima volta andammo in Andalusia, ma dovemmo lasciare indietro alcune città proprio per motivi di tempo: è una regione immensa, e ci sono da fare molte cose, tra città da visitare, paesaggi da attraversare e coste da esplorare. Così torniamo per completare (o meglio per cercare di completare) la nostra conoscenza di questo splendido angolo del pianeta.
Traghetto da Genova a Barcellona, come di consueto. Se dovessimo effettuare questo trasferimento via terra, per quello che è il nostro modo di andare in moto, ci metteremmo tre giorni. Subito ci imbattiamo in due problemi: cinque ore di ritardo del traghetto e alluvioni. Mentre sbarchiamo, a Murcia sta avvenendo l’inferno. Telefonini bollenti per guardare le previsioni e cercare di capire dove è meglio mettere le ruote. La scelta cade su Tortosa, 180 km da Barcellona, anche perché a causa del ritardo non possiamo fare tanta strada. C’è da dire che la compagnia di navigazione, correttamente, ci ha rimborsato senza fare storie il 25% della tariffa pagata più il soggiorno nell’hotel di Tortosa. Bravi.
La città non è niente di speciale, ma c’è almeno una bella cattedrale da visitare.

Il giorno dopo ripartiamo ma si presenta un terzo problema; comincio a non stare tanto bene. Virus intestinale. La tappa successiva, decisa giocando a scacchi con le perturbazioni, è Alarcon. Il paese che immediatamente la precede è Motilla, e ci fermiamo lì. Non c’è proprio niente da vedere, ma la scelta è obbligata. Oltre all’albergo c’è una farmacia. E’ una notte di passione, ma per fortuna le medicine funzionano bene e il giorno successivo si riparte, pur con qualche strascico.
Finalmente cominciamo a vedere qualcosa. Nel bel mezzo di una pianura bucolica ci sono queste gole spettacolari e questa splendida cittadina abbarbicata ad uno sperone di roccia: Alarcon.

Vorremmo raggiungere Toledo, ma un po’ per la distanza, un po’ per la pioggia che si frappone, decidiamo di effettuare un’altra fermata intermedia: Ciudad Real. Cittadina moderna, persino carina, ma niente di più. Riesco finalmente a ingurgitare una patata bollita.
Al mattino successivo sto accettabilmente bene e non ci sono più nuvole. E via, corriamo a Toledo. Se non hai visitato Toledo non hai visitato la Spagna. O almeno così dicono i suoi abitanti: sono ingiusti nei confronti di città come Siviglia, Granada e Cordoba; ma è comunque una città da non perdere, Spagnola al cento per cento.


La cattedrale non ha nulla a che invidiare a quella, splendida, di Siviglia; anzi, la sua pinacoteca presenta opere di prestigio assoluto come Caravaggio, Raffaello, Van Dyck. Ma tutta la città, fra chiese, sinagoghe, palazzi e centro storico, sa immergere il viaggiatore in una atmosfera suggestiva. Molti direbbero ‘una atmosfera magica’, ma preferisco scappare dalla retorica.
Siamo ancora in Castiglia, ma c’è un’altra regione della Spagna che non abbiamo ancora mai toccato: l’Extremadura, che fa’ un po’ da cuscinetto col Portogallo. Prima di tuffarci in Andalusia, quindi, facciamo una digressione in questa regione, descritta con passione da E. Hemingway in Per chi suona la campana.


Passiamo da Guadalupe, famosa per il suo monastero, e atterriamo a Mérida, una città così ricca di resti Romani da poterla definire una “piccola Roma”. Ma durante questo trasferimento ci piomba addosso il quarto problema di questo tormentato viaggio: virus intestinale anche per Madzillina. Cerchiamo di metterla amaramente a ridere dicendo che almeno le medicine le abbiamo già. Sarà l’unica città dove ci fermeremo per due notti, e che riusciremo a visitare, grazie all’assunzione immediata dei farmaci necessari.


In Spagna, particolarmente nella parte centromeridionale, si mangia bene, ma qui a Mérida, proprio mentre Madzillina ha ancora problemi a ingurgitare cibo, scopro un piatto che in Italia proprio non ho mai visto: le orejas, orecchie di maiale. Vietatissime per via del colesterolo, ma per una volta faccio un’eccezione. Che mi riempirà di gioia e della quale serberò un ricordo struggente. Se andate in Spagna e potete permettervelo, provatele.
Andalusia, arriviamo! Il trasferimento da Mérida a Cordoba prevede una quarantina di chilometri in superstrada e centoottanta chilometri in statale. Cosa da mettersi le mani nei capelli, in Italia. Ma qui è una gioia. Quei 180 km volano sotto le ruote; per bellezza del paesaggio e per il tachimetro sempre posizionato intorno ai 100 kmh. I paesi, già molto distanziati fra loro, non si devono attraversare, ci sono quasi sempre uscite apposite. Il che permette di tenere medie elevate senza correre.

Ci sarebbe il limite a 90 ma di autovelox, in tutto il viaggio, ne ho incontrato solo uno, proprio alle porte di Cordoba, in un punto effettivamente pericoloso. Pattuglie della polizia ne ho viste poche, ma sempre nelle rotonde, dove per forza si và piano. Quasi nessuno se ne approfitta; andare a 100-105 di tachimetro è la regola; d’altronde su queste strade così belle e larghe, e così poco trafficate, non è assolutamente pericoloso. Quando parlo di “piacere di andare in moto”…
Cordoba.






Cordoba è semplicemente splendida, come la altre città andaluse Siviglia e Granada. Le vestigia della dominazione araba, segnatamente la Mezquita e l’Alcazar, sono affascinanti. Il successivo ritorno dei re cattolici ha causato un certo inquinamento dello stile arabo, ma molte parti ne conservano ugualmente il fascino. La cattedrale, poi, manco a dirlo, è stupenda. L’atmosfera della città è coinvolgente come quella delle altre città storiche spagnole. Voglio però annotare e raccontare le peripezie occorse per raggiungere l’albergo. Usiamo la tecnica di arrivare alla periferia, cercare alloggio via web e usare il navigatore del cellulare per raggiungere la meta. Questo, a Cordoba, non è possibile. Il navigatore, infatti, per raggiungere un albergo nel centro storico, continua a mandarci in contromano (eppure glielo abbiamo detto che siamo su un mezzo a motore) e finiamo per girare intorno a vuoto, finché non ci decidiamo a usare il vecchio metodo di fermare un passante e chiedere. Alla fine andiamo ugualmente contromano, anche se per pochi metri; sono (quasi) sicuro che fosse l’unico modo per arrivare davanti all’hotel e scaricare i bagagli.
Ripartiamo in direzione Ronda. Altri 180 chilometri di godimento motociclistico, con vari tratti di montagna.

Ronda non è certo all’altezza di Toledo e Cordoba per monumenti e storia, ma è da visitare per un altro motivo. Sorge infatti su uno sperone di roccia verticale veramente spettacolare. Il nome di questa città deriva da una corona semicircolare di montagne che la circonda e non, come avevo letto, per la forma della città. Di nuovo fa’ capolino il nome di Hemingway: sempre in quel suo famoso romanzo è citato uno dei tanti episodi di atrocità verificatosi proprio qui durante quella tremenda guerra civile del 1936.


Bene, abbiamo finito, ci riteniamo soddisfatti, nonostante gli inconvenienti. Ci restano quattro giorni per tornare a Barcellona. Ma, come mi aspettavo, queste tappe di rientro sono il dulcis in fundo dei nostri viaggi in Spagna. Ora ci aspettano quattro trasferimenti, l’ultimo dei quali sarà a Barcellona. I primi tre ci vedranno percorrere in media 350 chilometri di strade nazionali e locali, attraverso Andalusia, Castiglia, Aragona e infine Catalogna. E con bel tempo, o quasi. E ogni volta strade magnifiche, con un fondo perfetto, poco traffico e panorami belli e bellissimi, mai monotoni. Ogni volta che pensiamo dove andare e che viaggio fare, queste strade finiscono per condizionare la scelta. Le soste saranno nella stupenda Ubeda (vicino a Jaen), poi le anonime Almansa e Alcaniz.









IVA al 10, (da noi è al 22, e si fanno i salti mortali per non portarla al 25) benzina fra 1,250 e 1,370 (da noi attualmente, con un po’ di fortuna, la paghi 1,620). Barcellona è piuttosto cara, ma le città Andaluse meno; i luoghi più fuori mano sono a buon mercato. Automobilisti molto più educati che da noi (capirai che scoperta!), rete viaria impeccabile e direi anche piacevolmente sovradimensionata. Cucina eccellente, ovviamente mediterranea. Attrattive turistiche semplicemente superlative. L’unico difetto della Spagna, se vogliamo chiamarlo così, è… la sua lontananza.
Altri racconti di nostri viaggi in Spagna: Pirenei e Paesi Baschi – Galizia – Andalusia